Disdetta Contratto di Locazione con Cedolare Secca

La cedolare secca è un regime fiscale alternativo a quello ordinario, che le norme mettono a disposizione del proprietario di un immobile locato a una persona fisica per scopi abitativi. vEDIAMO cosa succede se il contratto viene disdetto da una delle due parti prima della scadenza. Ricordiamo che i contratti di locazione più frequenti siano quelli del tipo 4+4, ovvero di durata quadriennale e rinnovabili per altri 4 anni, il cui canone è liberamente concordato tra proprietario e inquilino. I contratti del tipo 3+2, invece, hanno durata triennale e sono rinnovabili per altri 2 anni. Il canone è, in questi casi, fissato superiormente per metro quadrato al mese dagli accordi intercorsi a livello territoriale tra i rappresentanti dei proprietari di case e quelli degli inquilini.

Per una qualsiasi ragione, l’inquilino potrebbe disdire con il dovuto anticipo il contratto, inviandone comunicazione al proprietario dell’immobile. Lo stesso potrebbe fare questo , anche se le norme limitano fortemente la sua possibilità di disdire il contratto con anticipo, in modo da tutelare i diritti del contraente più debole. Ecco, quindi, che il contratto potrà essere disdetto in anticipo da parte sua nei soli casi previsti dalle leggi e che rientrano sostanzialmente nelle seguenti fattispecie, l’immobile dovrà essere ristrutturato, in quanto instabile, dovrà essere abbattuto, anche su ordine del Comune, dovrà essere goduto dal proprietario medesimo o un suo stretto familiare. Se entro sei mesi dalla data in cui l’inquilino ha lasciato l’immobile, questi non sarà oggetto di uno degli interventi sopra citati, potrà richiedere un congruo risarcimento da parte del proprietario e di entrare nuovamente in possesso dell’abitazione, ove possibile.

Sappiamo che per registrare un contratto di locazione con la cedolare secca, si può anche optare per la modalità online, ossia accedendo con le credenziali al sito dell’Agenzia delle Entrate. Ebbene, non lo stesso può essere fatto per la disdetta. A questo punto, quindi, avremo davanti tre soluzioni. La prima è di presentarci allo sportello dell’Agenzia delle Entrate con il modello 69 compilato in ogni sua parte e barrando la casella risoluzione.

Qualora non volessimo o non potessimo recarci personalmente allo sportello, si potrebbe optare per l’invio per posta, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, del modello 69 e documento d’identità all’indirizzo dell’Agenzia delle Entrate. Inoltre, si potrebbe sempre affidare l’incarico a un libero professionista, come un Caf o un commercialista, che si occuperà per il proprietario di sbrigare la faccenda.

Va specificato che la disdetta del contratto di locazione con la cedolare secca non implica il rimborso delle spese relative all’imposta di bollo o di registro non sostenute all’atto della registrazione, qualora il proprietario si fosse avvalso sin dall’inizio del suddetto regime fiscale.

Infatti, il proprietario dell’immobile ha facoltà di optare ogni anno per l’uno o l’altro tipo di imposizione, sulla base della convenienza. La cedolare secca comporta il pagamento al Fisco del 21% dei canoni percepiti nell’anno solare con i contratti di locazione del tipo 4+4, il 10% se i contratti sono del tipo 3+2, fino al 31 dicembre del 2017, successivamente l’aliquota dovrebbe salire al 15%. Inoltre, se il proprietario opterà per la cedolare secca all’atto di registrazione del contratto, le parti non dovranno versare l’imposta di bollo e quella di registro. Infine, sotto questo regime fiscale, il canone non potrà essere rivalutato sulla base delle variazioni del costo della vita, come rilevato dall’Istat.

Dunque, entrambe le parti potrebbero beneficiare della cedolare secca. Il proprietario, pagando tendenzialmente meno tasse sui canoni riscossi, l’inquilino, perché si vedrà sgravato dal pagamento pro parte delle imposte di bollo e di registro, in assenza di diversa previsione contrattuale, esse vanno ripartite in parti uguali, e perché il suo canone non potrà aumentare sotto il regime della cedolare secca.

Con il regime fiscale ordinario, il 95% dei canoni riscossi  sarà sottoposto al pagamento dell’Irpef, sommato a tutti gli altri redditi del contribuente. Pertanto, l’aliquota effettivamente sostenuta dipenderà dallo scaglione di reddito a cui soggiaceranno i canoni.

Per quanto non si possa a priori valutare quale regime sia maggiormente favorevole, si può dire che la cedolare secca premia i proprietari di immobili con redditi medio alti, mentre quello ordinario dovrebbe risultare più conveniente per quanti posseggano redditi medio bassi, la cui aliquota effettiva versata sarà inferiore al 21%, nel caso dei contratti 4+4, o del 10%, nel caso di quelli 3+2.

Con la cedolare secca, il contribuente è tenuto a versare a titolo di acconto il 95% dell’imposta sostenuta l’anno precedente. La prima rata deve essere saldata entro il 16 giugno e sarà pari al 40% dell’acconto, la seconda entro il 30 novembre e per il restante 60%. Il saldo avverrà anch’esso entro il 16 giugno o il 16 luglio, ma in questo caso l’importo sarà maggiorato dello 0,4% a titolo di interesse verso il Fisco. L’acconto non è dovuto, se inferiore a 51,65 euro.