La cedolare secca è un regime fiscale facoltativo, introdotto nella nostra legislazione dal 2011, di cui il contribuente ha facoltà di avvalersi, in alternativa a quello ordinario. In sostanza, fino a pochi anni fa, i redditi derivanti dalla locazione degli immobili a fini abitativi potevano essere sottoposti solamente alla tassazione Irpef, per cui soggiacevano alle aliquote di questa imposta, sulla base della condizione reddituale persona del proprietario dichiarante.
Le cose sono cambiate negli ultimi anni, perché è stato previsto un regime alternativo, chiamato cedolare secca, che prevede per il contribuente la facoltà di sottoporre a tassazione i redditi da locazione percepiti a un’aliquota del 21%, oppure del 10% (fino al 31 dicembre del 2017), se il contratto di riferimento è quello di locazione a canone concordato. Successivamente al 2017, tale aliquota dovrebbe salire al 15%.
Vediamo quali sono le differenze per le parti all’atto di registrazione di un contratto di locazione con la cedolare secc. Per prima cosa, va detto che il proprietario dell’immobile ha facoltà di avvalersi di questo regime fiscale o in sede di registrazione del contratto o nelle annualità seguenti.
Se lo fa all’inizio del contratto, le parti non sono tenute al pagamento dell’imposta di registro e di quella di bollo. Visto che si è soliti suddividere tali spese in parti uguali, salvo diversa disposizione contrattuale, anche l’inquilino ottiene un risparmio dalla cedolare secca. Resta dovuta, tuttavia, l’imposta di registro per i casi di cessione del contratto di locazione, così come anche quando il proprietario si avvale successivamente di questo regime fiscale non gli saranno rimborsate le imposte di registro e quella di bollo inizialmente versate all’atto di registrazione del contratto.
La cedolare secca può essere esercitata da persone fisiche, che non abbiano locato un immobile nell’ambito di un’attività commerciale, di arti e professioni. L’immobile locato, poi, deve rientrare nella categoria catastale dalla A1 alla A11, con esclusione della A10, ovvero di uffici e studi privati. Il contratto deve avere finalità abitative, non commerciali, professionali, etc.
Il contratto di locazione può riguardare anche le pertinenze di un contratto e pure separatamente dal contratto principale, purché esso sia siglato tra le medesime parti e contenga un riferimento esplicito al contratto relativo all’immobile, nonché sia ad esso connesso da un legame di pertinenza, appunto.
Vediamo per quanto tempo di si può avvalere della cedolare secca. Se essa viene esercitata all’inizio del contratto, vale per l’intera durata di quest’ultimo, fermo restando che il proprietario ha facoltà di comunicare all’Agenzia delle Entrate e all’inquilino di non avvalersene più e di optare per il regime ordinario. Il cambiamento può avvenire ogni anno ed è chiaro che ciò dipenderà dalla convenienza, di volta in volta, riscontrata dal locatore nell’esercitare l’una o l’altra opzione.
C’è un altro effetto sull’inquilino, derivante dall’esercizio della cedolare secca da parte del proprietario dell’immobile, il canone di locazione non è rivalutabile annualmente, secondo l’indice Istat sulla variazione del costo della vita, per l’intero periodo in cui ci si avvale di questo regime fiscale. In sostanza, la cedolare secca converrà indirettamente anche al conduttore dell’immobile, perché non sarà soggetto all’aumento del canone di anno in anno.
Il proprietario è tenuto a comunicare all’Agenzia delle Entrate la disdetta dell’opzione in favore della cedolare secca entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità, ma qualora egli non avesse versato l’imposta di registro all’atto di registrazione del contratto, questa andrà restituita. In pratica, non è consentito al proprietario di optare per l’uno o l’altro regime fiscale solo per evitare di pagare le imposte al momento in cui si registra il contratto di locazione.
Dunque, facendo un raffronto tra i due regimi fiscali non è possibile indicare in maniera generale quale possa essere più conveniente per il contribuente. Potremmo affermare a grandi linee che la cedolare secca tenderebbe ad essere più favorevole ai proprietari di immobili, il cui reddito dichiarato nell’anno di imposta sia medio alto, mentre il regime Irpef sarebbe preferibile nei casi di redditi medio bassi, quelli che rientrano in scaglioni tali, che l’aliquota media versata al Fisco sarà più bassa del 21% per i contratti del tipo 4+4, ossia di durata quadriennale e rinnovabili per altri 4 anni, oppure del 10%, per i contratti a canone concordato, quelli del tipo 3+2, ossia di durata triennale e rinnovabili per altri 2 anni, il cui canone massimo per metro quadrato al mese è limitato dagli accordi territoriali intercorrenti tra le associazioni in rappresentanza dei proprietari di case e quelli degli inquilini. Trattasi dei contratti stipulati nei Comuni italiani ad alta intensità abitativa e quelli limitrofi, cioè Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia.
Ricordiamo, infine, che con il regime Irpef si ha diritto a un abbattimento del 5% sui redditi di locazione percepiti nell’anno, una percentuale 3 volte inferiore all’abbattimento del 15% previsto fino alla fine del 2014. Anche di questo si dovrà tenere conto ai fini del calcolo dell’imposta da versare nell’una o nell’altra situazione.